Tag
ambiente, meditazione, montagna, mountain bike, mtb, natura, Pensieri, riflessioni, vivere pienamente
La vita è sempre più frenetica. Gli impegni si susseguono senza sosta, spesso si accavallano e tolgono il respiro. Senti il bisogno di una pausa, soprattutto mentale, vorresti non pensare… o pensare a una cosa sola… essere in armonia.
Anche per questo amo la montagna. Muovermi lentamente in mezzo alla natura, ascoltare il suono del vento, il mormorio del bosco, la voce del torrente, mi riporta ad una dimensione umana, ad un ritmo lento in cui mi rigenero.
Negli ultimi anni ho scoperto un altro modo di andare in montagna: la mountain bike.
So bene che si tratta di uno sport ormai in voga da tanto tempo, ma avevo sempre snobbato questo mezzo perché mi sembrava poco naturale, poco rispettoso della natura. Mi sembrava che percorrere sulle ruote i sentieri di montagna fosse una mancanza di rispetto per l’ambiente, per gli animali che ci vivono, per gli altri escursionisti che la frequentano.
Poi ho provato e mi è piaciuto.
Ma ciò che mi ha conquistato non sono state le vertiginose discese, i salti, le acrobazie (che peraltro non mi azzardo a compiere prima di tutto per incapacità), ciò che ho scoperto con immenso piacere è stato il fascino della salita, la bellezza del pedalare lentamente su un sentiero, su una mulattiera, su una sterrata che sale con una pendenza costante, un tornante dopo l’altro, alzandomi sempre più in alto sulla vallata e scoprendo le vette dei monti.
Non è una gara, lo scopo non è la prestazione, è sentire il cuore, il respiro, il quadricipite contrarsi sul pedale, i tendini sotto sforzo, ogni fibra del tuo corpo al lavoro. Le articolazioni del ginocchio e dell’anca, ma anche la schiena, le spalle, i gomiti, i polsi, come tanti ingranaggi di una macchina perfetta.
Il cuore che pulsa, il respiro ritmico, il sudore che scende sulle tempie, pedalando piano, senza fretta, senza strappi, è come un mantra che si ripete ossessivamente. Sotto lo sforzo, continuo e costante, la mente si svuota, smetto di pensare e sento…
Sento il mio corpo, ogni singolo muscolo al lavoro, tutt’uno con la bicicletta, un corpo solo. Sento la strada sotto di me, ogni singolo sasso, ogni buca, ogni ramo, ogni curva. Sento l’aria frizzante entrarmi nei polmoni, sento l’odore del bosco, il calore del sole, il vento. Sento tutto attorno la natura viva, in movimento continuo: i ghiaioni, i torrenti, gli abeti che ondeggiano, le nubi migranti, il fringuello che danza, stormi di gracchi volteggiare, la poiana disegna cerchi nel cielo.
Pensierodud ha detto:
Ogni tanto mi capita di leggere qualcosa, scritto da un altro, che descrive -quasi con le stesse parole- quello che provo io. Come in questo caso. Misteri e segreti della grande empatia delle vite. Un caro saluto
D
aboer65 ha detto:
Già, è sempre incoraggiante ritrovare negli altri gli stessi pensieri, sensazioni, opinioni che ci animano.
Un caro saluto anche a te e grazie per il messaggio!
Andrea
yourcenar11 ha detto:
“Il cuore che pulsa, il respiro ritmico, il sudore che scende sulle tempie…” “Sento il mio corpo” – E’ questo che mi manca (questa sensazione di vitalità, questo sentire il corpo), da quando mi sono ammalata e le terapie mi costringono ad una vita più sedentaria. Ma leggendo il tuo post è come se anch’io riuscissi a respirare un po’ d’aria pura… Tornerò a trovarti. Un caro saluto
Cristina
aboer65 ha detto:
Ti auguro con tutto il cuore di guarire presto e svolgere delle attività che ti consentano di stare bene con te stessa.
Alle volte basta poco, anche una semplice passeggiata in un giardino può essere sufficiente per sentire la natura tutto attorno e dentro di noi.
In bocca la lupo!
Andrea
Stelio ha detto:
È proprio quando la vita si fa più frenetica che si smette di pensare.
Basterebbe riflettere un attimo sul fine di tutta questa agitazione, per comprendere che si tratta di una bestia che divora sé stessa.
Eventi endogeni ed esogeni mi hanno obbligato a mettere una certa distanza tra me e il formicaio, dal quale non mi sono ancora esiliato (almeno fisicamente), ma col quale ho rapporti intrisi di reciproco sospetto.
Da qualche anno ho scoperto che la bicicletta è un ottimo mezzo per distaccarmi ancor di più da un mondo che ho smesso di riconoscere come mio, e non la bicicletta come sport, per quello ci vuole un “fisico bestiale”, ma come disciplina integrale.
Per amore di verità andrebbe detto che per raggiungere la completezza tra attività fisica, serenità mentale, umiltà e assennatezza, l’ideale sarebbe, per chi sta al mare, il canottaggio. Un vero peccato che le società privilegino quasi esclusivamente l’agonismo, la lotta degli uni contro gli altri, ovvero l’antitesi di ciò che dovrebbe essere lo sport, nato come allontanamento dal quotidiano al fine di godere/soffrire delle potenzialità offerte dal nostro corpo.
Va detto, per equità, che anche la bici comporta qualche problema.
Soprassediamo sui rischi ai quali possono andare incontro i maschi a causa di una scelta approssimativa e di un uso poco attento del sellino. Mettiamo pure in conto che l’onnipresente gravità terrestre, in combutta con qualche accidente e la nostra imperizia, ci causerà dei bruschi e dolorosi contatti con il suolo. Sorvoliamo su tutto quel rosario di interventi tecnici necessari o voluttuari per tenere il mezzo in uno stato accettabile, e sulla maledizione di qualche aggeggio che si rompe quando siamo a decine di chilometri da casa. Tutto ciò va messo in conto, prendere o lasciare.
Quello che invece si dovrebbe rifiutare è l’accettazione del ciclista come suicida.
Mi spiego.
A causa di strade da terzo mondo, però con un traffico veicolare degno di Los Angeles, andare in bicicletta è considerata un’attività pericolosa quanto quella dell’artificiere, o del paracadutista senza paracadute, per cui si presume che il ciclista accetti consapevolmente di essere un kamikaze, e che realizzare delle piste ciclabili o imporre delle limitazioni ai mezzi motorizzati siano azioni che lui prenderebbe come un’offesa al suo onore.
Per cui, cosa c’è di meglio da farsi sfiorare da un autoarticolato, e di respirarne a pieni polmoni i suoi effluvi carbeolenti?
Possedendo io un singolare istinto di autoconservazione, giocoforza mi sono dovuto rivolgere al mondo della mountain bike. “Giocoforza” ho aggiunto, perché per anni sono stato scettico su quei pedalatori bardati di tutto punto che sfilavano ingobbiti in sella ai loro destrieri metallici sul lungomare, nei paraggi di qualche agriturismo, per le stradine di qualche luogo di villeggiatura, insomma dappertutto meno che in “mountain”.
Ancora oggi mi capita di considerare incongruo il passaggio di ferraglia (anche se si tratta di fibra di carbonio) del valore di migliaia di euro su carrarecce che si possono percorrere, non solamente con la mia MB entry-level, ma persino con una robusta bici da passeggio.
Fine delle lamentazioni, e veniamo ai pregi.
È sicuramente inutile qui ribadire i benefici dell’attività fisica per il benessere del corpo, l’abbattimento del colesterolo cattivo e la crescita di quello buono, tanto per dirne qualcuno, oppure il mantenimento dei una buona circolazione sanguigna. Sono più che certo del fatto che amici e conoscenti, laureati in medicina oppure orecchianti, vi abbiano istruito su quanto bene faccia una pedalata costante e ripetuta.
C’è molto di più, e costoro non lo sanno, almeno quelli che non usano la mountain bike come va usata, e dove va usata. C’è il relax mentale, e la differenza con le altre attività fisiche non agonistiche è sostanziale.
Si può correre, nuotare, saltellare, scarpinare, e tante altre cose, ma in tutte può capitare di non riuscire a distaccarsi completamente da ciò che abbiamo lasciato a casa. Certo, una caviglia dolorante è fastidiosa, i polmoni in fiamme si fanno sempre sentire, il sudore negli occhi brucia, però ogni tanto possono tornare a galla cose come i casini sul lavoro, il mutuo da pagare, i problemi a scuola, la visita dentistica, i clienti rompiballe, il vicino prepotente, eccetera.
Con la mountain bike questo non succede, non può succedere, e non perché sia una bacchetta magica che tutto risolve, ma grazie, oppure a causa, di altre impellenti occupazioni mentali.
Quando si sale il cervello è perennemente occupato in un unico pensiero che potremmo riassumere così: “noncelafacciononcelafacciononcelafaccio…”, mentre in rettilineo,e soprattutto in discesa,gli occhi sono incollati ai dieci metri che precedono la ruota anteriore, per evitare buche, massi, tronchi, e qualche incauto animale di passaggio, ovvero la mente elabora in continuazione un percorso che ci eviti la catastrofe, e guai a distrarsi. Chi ci va lo sa, purtroppo.
Questa sostanziale differenza fa della MB, oltre a un fantastico metodo per procurarsi delle cicatrici di cui vantarsi come usavano gli antichi schermidori prussiani, un sentiero (accidentato, molto accidentato, pure troppo) che ci conduce più lontano con la mente piuttosto che con il corpo.
Anche perché vorrei capire come mai quando vado via di casa mi trovo subito a
salire, e quando torno, sempre in salita mi tocca pedalare. Forse la MB è in grado anche di deformare lo spazio-tempo?
Bye 🙂
aboer65 ha detto:
Ehi, grazie per questo sostanzioso contributo sulla bicicletta in generale sulla MTB in particolare!
Il tuo stile preciso, analitico, ma anche sottilmente ironico e spiritoso mi ha incuriosito. Secondo me hai seguito un indirizzo di studi tecnico scientifico… Ingegneria?
Stelio ha detto:
Diciamo…rinascimentale.
Una certa dose di bagaglio tecnico esiste, e a quella ho aggiunto, negli anni, tutte le briciole di cultura che raccoglievo per via, piccole isole di terraferma in un mare di ignoranza, tra le quali io cerco di stendere malsicuri ponti per trovare un senso in quello che ho appreso. Insiemistica applicata alla logica, oppure, per darti un’immagine a te più vicina, una cultura lagunare. 😀
amoleapi ha detto:
E POI IN DISCESA! eheheh, e poi la bike va bene anche in pianura, quando stavo a Udine e studiavo all’università andavo sempre lungo le sterrate verso le colline lungo quella che è ora l’ippovia del Cormor (ma allora ci andavano solo in moto e i primi temerari in m.b., ed anche parecchia gente in camporella :-D) o anche su qualche strada in salita in collina.
aboer65 ha detto:
Giustamente ognuno trova la propria dimensione… Anche chi va a camporella, disciplina intramontabile e per nulla disprezzabile 🙂
amoleapi ha detto:
beata gioventu’…
aboer65 ha detto:
Già!
Pingback: Sugli alti Colli di Teolo | Pensieri sotto la neve
Pingback: La mia prima mezza maratona, tra sudate e risate | Pensieri sotto la neve