La roccia era diventata scivolosa, la parete una trappola mortale. Antonio conosceva a menadito quella montagna, ma quel pomeriggio, in mezzo alle nuvole, sotto la pioggia battente e con il vento che soffiava a raffiche improvvise, faceva fatica a orientarsi e doveva avanzare lentamente per non perdere la via. Lo zaino era pesante, aveva dovuto portare tutto doppio: per sé e per Davide.
‒ Sperón che no tona!
Mormorò istintivamente Antonio mentre si arrampicava in mezzo a quell’inferno. I fulmini erano la sua principale preoccupazione, ma anche la pioggia e il freddo erano un problema e le nuvole che non gli facevano vedere a un tiro di corda. A dire il vero era proprio una brutta situazione quella in cui si era cacciato Davide, suo figlio. Quella mattina era uscito senza dire una parola (come al solito), nessuno immaginava che sarebbe andato ad arrampicare con quel cielo che non prometteva niente di buono e con il bollettino meteo emesso dal centro di Arabba: 100% di probabilità di precipitazioni e rovesci nel pomeriggio, anche di forte intensità. Era stata Sara, sua moglie, ad allarmarsi quando il ragazzo non era rientrato per pranzo e allora lei aveva chiamato Antonio, che era al lavoro, e lui aveva minimizzato, come sempre.