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Pensieri sotto la neve

Pensieri sotto la neve

Archivi tag: Diario

Alaskan roads

15 venerdì Ago 2014

Posted by Andrea in Natura, Viaggi

≈ 6 commenti

Tag

Alaska, Denali, Diario, natura, Roads, Scenic byways, Stati Uniti, USA, Viaggi

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Fonte: State of Alaska, http://www.byways.alaska.gov

Viaggiare lungo le scenic byways alaskane, comodamente seduti sulla propria auto e ammirando i meravigliosi panorami che si estendono a perdita d’occhio attorno a noi. Anche solo questo è un valido motivo per un viaggio in Alaska.

Di tanto in tanto un punto panoramico, con un cannocchiale messo là da non si sa chi in mezzo al nulla, a disposizione di chi vuol fermarsi ed ammirare i monti, i fiumi e le vallate. La città – se possiamo chiamarla così – più vicina a cento chilometri, nessun segnale per il tuo cellulare, la strada deserta. Solo il vento che soffia impetuoso increspa la superficie del lago e fa ondeggiare le cime degli alberi, mentre tu, avvolto nella tua giacca a vento, respiri la libertà.

Ogni cosa attorno a te sembra ingrandita rispetto a ciò che sei solito vedere: le strade sono più larghe, le curve più ampie, le vallate che attraversi sono grandiosi anfiteatri naturali, le montagne altissime, i laghi si susseguono a perdita d’occhio, incastonati in foreste di smeraldo senza fine. Non di rado un animale ti attraversa la strada o fa capolino tra gli alberi.

La Denali Highway, che collega Cantwell a Paxson, è stata la più bella: 220 chilometri di sterrato attraverso foreste, taiga e tundra. Nessun paese, nessun villaggio, nessun distributore di benzina in mezzo. Il Mt. McKinley a ovest, il Wrangell St. Elias a est, due giganti di roccia e di ghiaccio a fungere da monumentali pietre miliari, a segnare il paesaggio e la fantasia dei viaggiatori.

Le foto che pubblico qui sotto sono state scattate per la maggior parte sulla Denali. Guardate la panoramica (la quinta dall’alto), apritela a tutto schermo e immaginate di trovarvi lì da soli, poi ditemi cosa avete provato.

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Sul tratto iniziale della Denali Hwy, Mt. McKinley in lontananza

 

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Denali Hwy

 

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Denali Hwy, sembra non finire mai

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Un giovane caribù fugge all’approssimarsi della nostra auto

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Panoramica

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Denali Hwy, gli ultimi 20 miglia sono asfaltati

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Richardson Highway, salendo verso Thompson Pass, prossima fermata: Valdez

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Sterling Highway, scendendo verso Homer, sullo sfondo lo Spit

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Bye bye Alaska, rientro alla base

09 sabato Ago 2014

Posted by Andrea in Riflessioni, Viaggi

≈ 15 commenti

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Alaska, Anchorage, Diario, Stati Uniti, USA, Viaggi

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Come ogni cosa a questo mondo, anche questo viaggio si conclude. Partenza da Anchorage il 7 agosto con volo Condor delle 12:55, cambio a Francoforte, arrivo a Venezia il giorno dopo alle 13:45.

Il viaggio di ritorno per me ha sempre un sapore strano: un po’ dolce per i ricordi che continui a rinfrescare guardando e riguardando le foto mentre l’aereo ti riporta a casa, un po’ amaro per il dispiacere di non poter viaggiare ancora e perché sai che forse non tornerai mai più in quei luoghi, un po’ aspro perché tornano alla mente i problemi di lavoro che magicamente avevi dimenticato nelle ultime settimane e di nuovo un po’ dolce perché in fondo casa è sempre casa e poi c’è sempre un nuovo viaggio a cui pensare.

L’aereo vola sicuro nei cieli artici, il monitor disegna la parabola che da Anchorage porta a Francoforte mentre fuori dai finestrini il sole splende perennemente, anche se è notte la luce non accenna a diminuire. Si inganna il tempo in molti modi, guardando le foto, scrivendo, leggendo, chiacchierando, tentando inutilmente di dormire.

Quali sono stati gli highlights di questo viaggio? Chissà, ci sarà tempo per deciderlo, per ora i ricordi si accavallano irregolarmente e le immagini si materializzano davanti ai miei occhi: la cima del McKinley, la natura sconfinata del Denali Park, la Denali Highway lanciata nella tundra, i fiordi di Valdez, i ghiacci del Columbia, gli orsi, le balene, le orche, le foreste senza fine, gli halibut giganti, i laghi glaciali, i torrenti impetuosi…

Avresti voluto fare di più, più giorni, più escursioni, più animali, più a nord, più persone, più esperienze, ma sai di essere fortunato, sai che un viaggio simile è un privilegio e quindi giosci e ringrazia per quello che hai potuto fare e per i compagni di viaggio che ti hanno seguito, qui e nella vita.

Mentre l’aereo vola a undicimila metri, a ottocento chilometri orari sopra le nubi, sopra la Groenlandia, pensi a tutto questo e il sapore ridiventa dolce, dolcissimo.

Nei prossimi giorni riordinerò le fotografie scattate, i video girati. Pubblicherò altri post sull’Alaska, magari più da guardare che da leggere, tempo permettendo ovviamente. Grazie a quanti ci hanno seguito in questi giorni, io Silvia e Dario ci siamo sentiti meno soli grazie a voi in questa terra sconfinata e lontana.

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6 agosto, ritorno ad Anchorage

08 venerdì Ago 2014

Posted by Andrea in Viaggi

≈ 6 commenti

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Alaska, Anchorage, Diario, Stati Uniti, USA, Viaggi

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L’ultima notte in Alaska la passeremo ad Anchorage, prima di prendere il volo la mattina successiva per il rientro in Italia.

La mattina facciamo una bella colazione presso il nostro Bay Avenue Bed and Breakfast Inn, durante la quale ho modo di raccontare la disavventura del giorno precedente agli altri ospiti e ai proprietari della struttura. Questi ultimi conoscono Smokey Bay Air e trovano strano quanto accaduto.

Diamo un ultimo saluto alla fantastica veduta sulla baia che si gode dal lounge del B&B e ci mettiamo in auto. La tappa finale, che chiude il cerchio di questo bellissimo viaggio, è lunga 360 chilometri, da percorrere in quattro, cinque ore, fermandoci ogni tanto per ammirare i panorami. La giornata oggi infatti è molto bella e potremo così godere delle vedute lungo la Seward Highway che non abbiamo potuto apprezzare due giorni fa a causa delle nuvole basse e della pioggia.

Ci fermiamo ad osservare i pescatori sul Russian River all’altezza di Cooper Landing. Fanno impressione quanto sono motivati ed attrezzati, sembrano tante truppe da sbarco pronte per una missione: stivali fino a mezzo busto, un arsenale di canne da pesca nelle loro custodie come tanti fucili pronti per la battaglia, barche a remi come mezzi da sbarco pronti ad affrontare il nemico. Chissà poi perché in barca a remi… Forse perché il rumore del motore spaventerebbe i pesci? O forse perché il fiume assomiglia più che altro ad un torrente con una corrente piuttosto impetuosa, quindi preferiscono utilizzare dei lunghi remi – manovrati da un componente dell’equipaggio specificamente dedicato a ciò – per manovrare la barca.

E così equipaggiati partono per la missione: la barca si lascia trasportare dalla corrente, il “rematore” mantiene l’assetto del mezzo mentre gli altri (di solito due) pescano. Ogni tanto il rematore riesce a fermare la barca in alcuni punti evidentemente ritenuti più pescosi. Non si capisce come faccia a tenere immobile la barca con la corrente che c’è, deve usare una tecnica tutta particolare che a me, uomo più avvezzo ai monti che all’acqua, è oscura.

Ogni pescatore viaggia con dei contenitori frigoriferi molto capienti, che immagino a fine giornata straripanti di salmoni freschissimi. Se penso a come riescono poi a rovinarli in cucina mi viene una rabbia…

Ripartiamo per Anchirage e facciamo qualche breve sosta qua è la. Il percorso è molto panoramico, con le solite foreste sconfinate che si perdono in lontananza nel paesaggio ondulato, i ghiacciai che fanno capolino di tanto in tanto uscendo a valle da qualche gola montuosa, i laghi azzurrissimi e i fiumi e i torrenti pieni di salmoni e di pescatori assatanati al loro inseguimento. Natura, natura e ancora natura rigogliosa, infinita, straripante. Ci saziamo di lei, della sua vista e dei suoi odori primordiali per un’ultima volta prima di ritornare alla civiltà delle macchine, della comunicazione, dell’inquinamento, della sovrappopolazione.

Poco prima di Anchorage ci fermiamo per ammirare un fenomeno particolare: l’onda di marea che si verifica nel Turnagain Arm, quando la marea si inverte e ricomincia a crescere. Allora, anziché salire a poco a poco, la marea diventa una corrente impetuosa che risale il braccio di mare alle volte formando dei piccoli tsunami, a seconda della forza del vento e di altri fattori.

Giunti ad Anchorage abbiamo ancora un po’ di tempo per un’ultima visita. Decidiamo di andare allo zoo, dove in un ambiente lussureggiante sono custoditi, all’interno di spazi molto ampi, molti esemplari di fauna artica, tra cui orsi polari, grizzly, orsi neri, tigri siberiane, leopardi delle nevi, volpi, aquile, lupi, buoi muschiati, alci, caribù e altro ancora. L’orso polare è la vera attrazione dello zoo: ci sono due esemplari che si possono ammirare da vicinissimo anche quando nuotano, grazie ad un’ampia vetrata che consente di vedere il fondo della vasca in cui questi magnifici animali vanno ogni tanto a sguazzare.

Lo zoo sembra tutto sommato una struttura abbastanza rispettosa della natura, gli animali giungono qui dopo essere stati salvati a seguito di incidenti che ne avrebbero compromesso la sopravvivenza. I grizzly per esempio sono stati prelevati in natura da cuccioli, una volta rimasti orfani, mentre alcuni rapaci avevano subito delle ferite o fratture da cui non sarebbero guariti da soli.

L’ultima notte la trascorriamo nuovamente all’Alaska European Bed and Breakfast, lo stesso che ci aveva ospitati il primo giorno in terra alaskana. La proprietaria, Irene, ci accoglie come l’altra volta con un sorriso bellissimo e con il suo buon italiano dalla forte cadenza yankee, molto piacevole da ascoltare. Irene, come raccontavo nel primo post in terra alaskana, ha arredato le sue camere ognuna in modo diverso, ispirandosi ai vari paesi e continenti che probabilmente ha visitato: Africa, Japan, Italia, Holland… Stavolta non dormiamo nella misteriosa e lussureggiante Africa, ma nella fiorita e colorata Holland, tra tulipani, mulini a vento e cuscini arancione.

Ceniamo da Uncle Joe, dove cerchiamo di spiegare al cameriere come servirci una focaccia di pane da pizza senza burro all’aglio. Ma è solo pane, dice lui. Ecco bravo, gli rispondo, vogliamo proprio pane!

L’unico motivo che mi rallegra quando torno da un viaggio in paesi culinariamente barbari è potermi preparare una spaghettata come dico io!

 

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5 agosto, Homer (Alaska): forse dovrei essere superstizioso?

07 giovedì Ago 2014

Posted by Andrea in Viaggi

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Alaska, bears, Diario, Homer, Katmai, orsi, parchi americani, parks, Stati Uniti, USA, Viaggi

Avevo già affrontato qui il tema della superstizione, quella tendenza a temere azioni, parole, oggetti, situazioni senza alcun motivo razionale, ma solo per il fatto che “si dice” portino male, sfortuna, sfiga, ecc.

Nel mio post di febbraio avevo dichiarato di non essere superstizioso e qui lo riconfermo. Prova ne sia che martedì, alzandomi dal letto, il pensiero che quello fosse il tredicesimo giorno di vacanza non mi aveva minimamente sfiorato. Ho realizzato solo molte ore dopo, quando ormai la giornata si era conclusa e i fatti si erano svolti, che c’erano tutti i presupposti perché fosse una giornata sfigata. Anche la data portava al medesimo risultato: 5 agosto, 5+8=13. Due indizi, coincidenza?

Avete provato a dividere 5 per 8? Il risultato è 0,625. Salvi? Nemmeno per sogno, sommando le cifre 6+2+5 il risultato è sempre 13. Tre indizi. Per Aghata Christie sono una prova.

Ma insomma, cosa è successo? Direte voi. E allora iniziamo il diario di questa giornata.

 

Homer – Alaska, Martedì 5 agosto

Oggi è una giornata molto attesa, la giornata dedicata all’escursione nel parco nazionale di Katmai. Chi ha seguito fin dall’inizio questo diario di viaggio ricorderà l’antefatto pubblicato il 22 luglio (Prossima fermata: Alaska), scritto quando eravamo ancora in Italia. Lì avevo raccontato che uno dei motivi per cui avevamo scelto questa meta era stato un video girato nel Katmai National Park, un filmato che mostrava gli orsi bruni americani (grizzly) nel loro habitat naturale. Ebbene in questo parco è possibile entrare, accompagnati da guide esperte ed autorizzate, e avvicinarsi moltissimo a gruppi di orsi intenti nelle loro faccende quotidiane, stando lì per ore ad ammirarli e fotografarli mentre cacciano i salmoni, giocano con i piccoli, disputano per il cibo o per il territorio.

L’ultima tappa importante di questo viaggio, prima del rientro ad Anchorage e quindi in Italia, era pertanto un’escursione nel Katmai, attesa e desiderata come la ciliegina sulla torta di un viaggio fin qui fantastico.

Avrei potuto prenotare l’escursione già dall’Italia, conoscevo un operatore, citato e raccomandato dalla nostra guida Lonely Planet, che sembra essere il massimo in questo genere di attività. Ma così non avevo fatto, preferendo rimandare ad un’analisi e ad un confronto sul posto tra i diversi operatori disponibili. Primo errore.

Allora, dopo un’analisi delle varie compagnie che hanno posti disponibili per la giornata odierna abbiamo scelto Smokey Bay Air Service e abbiamo concordato il seguente programma: l’escursione sarà nel pomeriggio, durerà 5-6 ore (1 ora di volo in idrovolante per raggiungere il parco, 3 ore tra gli orsi, 1 ora di volo per rientrare a Homer), avrà un costo… pazzesco, saremo accompagnati da una guida esperta che starà sempre vicino a noi e veglierà sulla nostra sicurezza. I grizzly bears non sono interessati all’uomo, ma è necessario saper interpretare i loro segnali: se un orso manifesta aggressività o eccessiva curiosità per gli umani è meglio praticare una ritirata strategica. Partiremo alle 14:00, voleremo fino a Hallo Bay, nella penisola di Katmai, oppure verso il Lake Clark National Park and Preserve, sempre nella penisola di Katmai. Una volta atterrati ci metteremo alla ricerca degli orsi, camminando per qualche chilometro (solitamente non più di un paio, le guide sanno già dove trovarli) e quindi ce ne staremo lì con loro ad osservarli, a fotografarli, a filmarli. Sarà un’esperienza unica, che non può essere vissuta in altri posto del mondo.

Ore 13:00. Ci rechiamo all’aeroporto, firmiamo il contratto, paghiamo il folle prezzo pattuito, indossiamo i lunghissimi stivaloni da pescatore necessari per andare a zonzo per la natura vergine alla ricerca degli orsi e aspettiamo che arrivi l’ora di imbarcarsi in aereo. Assieme a noi dovrebbero volare altre due persone, formando così un gruppetto di cinque esseri umani (più la guida) sulle tracce dei grizzly.

Ore 14:00. Gli altri compagni di viaggio non sono ancora arrivati, in compenso arriva Josh, il nostro pilota. Lo saluto sorridendo, sto per chiedergli qual è alla fine la nostra meta, ma vedo che ha una faccia seria. Hi guys, dice, bad news. Ciao ragazzi, brutte notizie.

In breve, forti venti nella località di destinazione rendono difficile l’atterraggio dell’ultraleggero sulla spiaggia. Inoltre, pare che di orsi facilmente raggiungibili in quella zona non ce ne siano. L’escursione è cancellata, ci rimborsano interamente il prezzo pagato e tanti saluti.

Però io vengo dall’Italia, non è che posso tornare la prossima settimana o tra un mese. Niente da fare, motivi di sicurezza, la sicurezza prima di ogni altra cosa.

Sarà, ma dove sono gli altri due che dovevano partire? Non si sono visti. Sorge naturale il sospetto che il vero motivo sia che far volare l’aereo con solo tre persone non sia sufficientemente profittevole. E poi, perché non mi propongo di rimandare a domattina? Noi faremmo ancora in tempo prima del necessario rientro ad Anchorage.

Niente da fare.

Sono idrofobo! Ce ne andiamo si, ma a visitare la sede delle altre compagnie, per sentire loro cosa fanno oggi. Ne contatto due delle più famose: loro oggi volano! E gli orsi (mi diranno alla sera) li hanno visti eccome! Domando se hanno posto per 3 persone per il giorno dopo, ma è tardi, hanno già venduto tutti i posti disponibili.

Purtroppo siamo a fine vacanza, ho programmato questa escursione a fine viaggio anziché all’inizio (secondo errore) e non ho previsto che potevano accadere contrattempi come questo (terzo errore), ma l’errore più grande è stato quello di affidarmi a questa organizzazione che evidentemente non è in grado di farsi un giro di clienti sufficiente da riempire un Cessna con 5 posti! E pensare che avevo consultato anche TipAdvisor e Smokey Bay Air aveva tutte recensioni eccellenti.

Alla sera, tristi e delusi, cerchiamo un po’ di consolazione andando a mangiare una pizza sullo Strip in un locale carino e molto molto rustico. Qui i tavoli non sono numerati, ma all’atto dell’ordinazione la cameriera ti consegna un animaletto di plastica che, quando paghi, devi riconsegnare alla cassiera, così saprà cosa hai consumato. Primitivo, ma simpatico. Be’, provate a dire che animale mi hanno dato?

Un tapiro!

Quando Silvia e Dario mi hanno visto con il tapiro in mano, consegnatomi da una bella ragazza alaskana anziché dal terribile Staffelli, sono scoppiati a ridere e io con loro.

Allora abbiamo capito tutto, solo allora abbiamo realizzato che oggi era il tredicesimo giorno di vacanza, che 5+8=13 e tutto quanto il resto. Contro la sfiga c’è poco da fare!

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4 agosto, da Seward a Homer: dodicesimo giorno in Alaska

05 martedì Ago 2014

Posted by Andrea in Viaggi

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Alaska, Diario, Homer, natura, Stati Uniti, USA, Viaggi

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Ripartiamo per la prossima e ultima meta: Homer, nella parte meridionale della Kenai Peninsula.

Dopo un giorno di riposo ed il giusto apporto di pasticche e intrugli vari sono di nuovo in pista. L’unica consolazione per aver perso un giorno a letto febbricitante è che il tempo è stato pessimo, e pessimo lo è ancora stamattina quando ci svegliamo. Peccato, la tappa odierna prometteva bellissimi panorami, specialmente da Soldotna in poi, sul Cook Inlet e sull’Alaska Peninsula, con le sue vette montuose e i suoi numerosi vulcani attivi.

Geologicamente parlando, l’Alaska è una terra molto attiva: eruzioni vulcaniche e terremoti qui sono di casa. Le sue coste meridionali sono disposte proprio lungo il ring of fire, l’anello di fuoco del Pacifico che comprende, oltre all’Alaska, tutte le zone più sismiche del mondo (Giappone, California, Messico, Cile…)

Il viaggio verso Homer è tranquillo e poco esaltante, attraversiamo foreste immerse nella nebbia, laghi dalle acque plumbee, torrenti impetuosi dentro i quali, imperterriti, pescatori tutti d’un pezzo armeggiano con le loro canne incuranti della pioggia che li sferza. Cooper Landing e le acque del Russian River sono famose in tutto il mondo per ospitare i salmoni più grandi del pianeta: l’esemplare più grosso mai pescato è stato tratto all’amo proprio qui e la bilancia segnava 44 chilogrammi!

Più avanti, a sud di Soldotna, ci fermiamo a visitare il villaggio di Ninilchik e, poco dopo, quello di Nikolaevsk, che già dal nome tradiscono la chiara origine russa. Cosa c’entra la Russia con l’Alaska? Vi fu un tempo in cui L’Alaska apparteneva alla Russia e fu solo a metà del diciannovesimo secolo che venne acquistata per una pipa di tabacco dagli Stati Uniti. Lo Zar infatti non sapeva che farsene di questa terra inospitale e di difficile gestione e cercò pertanto di rifilarla agli americani, ma ecco che, poco dopo l’acquisto, questi ultimi scoprono nell’ordine: salmoni che Dio li mandava, oro, rame e altre materie prime e infine, un secolo dopo, petrolio! Pessimo affare per i poveri russi.

A Ninilchik andiamo a visitare una chiesetta con le cupole a cipolla dorate, nulla di straordinario se non l’originalità di trovare un pezzo di Russia negli Stati Uniti e la posizione alquanto panoramica (che però oggi a causa del maltempo non si apprezza), mentre a Nikolaevsk… non c’è proprio niente da vedere. Questo secondo paesino sarebbe sede di una comunità particolarmente tradizionalista di cristiani ortodossi, dovuta emigrare proprio a causa di contrasti religiosi con la chiesa russa. Pare che gli uomini abbiano il divieto di radersi e le donne l’obbligo di coprirsi il capo (mai sentita questa!) e che tutti rifiutino le modernità. Sarà forse a causa del maltempo o forse perché è ora di pranzo, non vediamo proprio nessuno, così ripartiamo alla volta di Homer.

Quando arriviamo il tempo è addirittura peggiorato, ora la nebbia è scesa e non riusciamo nemmeno a vedere il famoso panorama della città dall’alto, con lo Spit proteso verso l’oceano. Lo Spit è una lingua di terra che si stacca dalla costa e si estende per alcune miglia in mezzo al Cook Inlet, una cosa molto particolare non c’è che dire.

Allora andiamo a prendere possesso del nostro bed and breakfast, una bellissima casa con vista sulla baia. La proprietaria è gentilissima e, come fanno la maggior parte degli americani, si ferma a chiacchierare un po’ con noi. Una ragazza che lavora da lei, amica della figlia, studia italiano e viene a parlare anche lei con noi, per esercitarsi un po’.

Andiamo a farci un giretto sullo Spit, scattiamo qualche foto, nel frattempo ha smesso di piovere, e facciamo i piani per il giorno successivo, su cui per ora non dico niente per scaramanzia.

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3 agosto, Seward: non ho più il fisico di una volta!

04 lunedì Ago 2014

Posted by Andrea in Viaggi

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Alaska, Diario, Seward, Stati Uniti, USA, Viaggi

Non mi sbagliavo nel post di ieri, febbre a 38, in aumento!

Io dico: è mai possibile ammalarsi in vacanza? Non sto qui a dirvi gli improperi di mia moglie: non ti copri mai, dici che hai sempre caldo e poi va a finire così. Grazie al cielo, oltre alla ramanzina, tira fuori dalla borsetta di Mary Poppins tutto il bendiddio di medicine che porta sempre con sé durante i viaggi, motivo frequente di ilarità e di simpatica presa in giro da parte mia.

Hai ragione, le dico, d’ora in poi prometto che ti ascolterò sempre! Quando ci si ammala si ritorna un po’ bambini e così faccio questa promessa che so già che non manterrò.

Ad ogni modo piace essere coccolati e ricevere attenzioni, così mi godo almeno questo lato positivo della faccenda. Invece il lato negativo è che salta la salita dell’Harding Icefield Trail, porcaccio quel cane! Non posso certo fare mille metri di dislivello con la febbre a 38. A dire il vero non riesco nemmeno ad alzarmi dal letto, altro che escursioni. E allora che si fa? Come dice Paolini nel suo spettacolo “Il Milione” su Venezia: spetemo che la pasa.

E così vi lascio, mentre me ne sto in branda con le mie medicine.

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2 agosto, da Valdez a Seward: finalmente le balene… E non solo!

04 lunedì Ago 2014

Posted by Andrea in Viaggi

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Alaska, Diario, parchi americani, parks, Prince William Sound, Seward, Stati Uniti, USA, Viaggi

Decimo giorno in Alaska. Stiamo per affrontare la tappa conclusiva del nostro viaggio, quella che ci porterà nella Kenai Peninsula, una delle regioni più affascinanti di tutto lo stato, con i suoi parchi nazionali, i suoi ghiacciai, le sue coste profondamente intagliate dai fiordi del Kenai Fjords National Park.

Per raggiungere Seward, località molto apprezzata dagli abitanti dell’Alaska per le opportunità di svago che offre, abbiamo due possibilità: via terra tornando su nostri passi fino al Glenallen, percorrendo la Glenn Hwy fino ad Anchorage e quindi verso sud lungo la Seward Hwy, oppure via mare, imbarcandoci su un comodo traghetto dell’Alaska Marine Highway System che fa rotta da Valdez a Whittier in circa 6 ore. Scegliamo questo secondo itinerario, soprattutto per concederci una seconda crociera sul Prince William Sound. Non ce ne pentiremo!

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1 agosto, Valdez: riposo

02 sabato Ago 2014

Posted by Andrea in Natura, Viaggi

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Alaska, Columbia Glacier, Diario, Valdez, Viaggi

Giornata di riposo a Valdez oggi, prima dell’ennesima tappa di trasferimento via mare con un traghetto dell’Alaska Marine Highway System, che prenderemo domattina per spostarci nella penisola di Kenai.

Oggi allora riposa pure il blogger, anche perché mi sa che mi sta venendo fuori un bel raffreddore e non sono molto in vena di scrivere.

Quindi non la tirerò tanto lunga con descrizioni e sensazioni. Dirò solo che in mattinata ci siamo fatti un giro per Valdez vecchia, o meglio la sede dove un tempo sorgeva il paese prima di essere spazzato via dal terremoto del 1964 e dal conseguente tsunami, e per altri punti di interesse minori, come il cimitero dei pionieri (anonimo), la Bridal Veil Fall (carina) ed il Valdez Glacier Lake (dopo aver visto il Columbia Glacier ieri… avere capito). Mangiato un panino ai giardini pubblici e poi visita del museo cittadino (ben fatto). Fine della cronaca.

Per farmi perdonare della sintesi estrema ecco qualche foto dello stupefacente Columbia Glacier. Ciao e a domani!

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31 luglio, crociera da Valdez sul Prince William Sound: otarie, balene, iceberg e ghiacciai

01 venerdì Ago 2014

Posted by Andrea in Natura, Viaggi

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Alaska, Columbia Glacier, Diario, Prince William Sound, Valdez, Viaggi

Prince William Sound, strano nome per un braccio di mare! Sound in inglese significa anche canale navigabile ed in effetti il Prince William Sound è solcato da traghetti che collegano alcune importanti località del South Central Alaska, alcune delle quali raggiungibili solo via mare, da petroliere in partenza dal terminal della Trans-Alaska Pipeline di Valdez, da una quantità di pescherecci sulla rotta dei branchi di halibut, da navi da crociera e barche da diporto.

Quanto al nome, di chiara matrice britannica, questo è dovuto al navigatore James Cook che battezzò il Sound intitolandolo all’allora principe (e futuro re) William. Allora come oggi i potenti andavano ossequiati con le dovute attenzioni. Oggi per fortuna nessuna isola o montagna viene intitolata ad un politico o ad altra persona influente, al massimo gli viene regalata (a sua insaputa) ma almeno non dobbiamo sopportare toponimi come Monte Silvio Berlusconi o Baia Matteo Renzi.

Il Sound è anche un luogo di una bellezza struggente: montagne alte 2000 metri precipitano vertiginosamente sul mare, creando fiordi profondi e verdissimi, isole sorgono qua e là creando una barriera protettiva per le onde e le correnti del Pacifico, ghiacciai sterminati discendono elegantemente verso il mare, disegnando traiettorie che seguono l’orografia ma anche la modificano con il loro movimento millenario. In questo contesto naturale di rara bellezza e maestosità vivono una grandissima quantità di animali marini: otarie, delfini, leoni marini, orche, balene e ancora uccelli marini di ogni genere, tra cui le splendide bald eagle, le aquile dalla testa bianca.

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30 luglio, da Paxson a Valdez lungo la Richardson Highway: crepuscoli, ghiacciai, oleodotti da record e la lavorazione del pesce!

31 giovedì Lug 2014

Posted by Andrea in Viaggi

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Alaska, Diario, Richardson Highway, Valdez, Viaggi

Wortington Glacier, vicino Valdez

Wortington Glacier, vicino Valdez

Altra mattinata stupenda. Il sole brilla in un cielo azzurrissimo, cosparso di qualche nuvoletta che contribuisce a rendere perfetto il quadro complessivo.

Non vi ho ancora detto nulla circa la durata delle giornate qui in Alaska. Siamo qualche centinaio di chilometri a sud del circolo polare artico, quindi il sole di mezzanotte non lo possiamo vedere in questo periodo (e nemmeno il giorno del solstizio), però vi assicuro che a mezzanotte non è affatto buio, anzi! C’è un bel chiarore come quello che si ha alle nostre latitudini subito dopo il tramonto.

Bisogna dire che quassù la durata del tramonto e del crepuscolo sembrano allungarsi incredibilmente. Una sera sono stato ad osservare il sole, ormai prossimo a sparire dietro una montagna, ma lui continuava a starsene lì in quella posizione, come se non volesse andare a dormire. Dario, che come tutti i ragazzini è un super esperto di astronomia, mi ha spiegato il perché di questo fenomeno: all’equatore la durata del crepuscolo è praticamente nulla (si passa dalla luce al buio con il tramontare del sole), mentre andando verso nord aumenta sempre più, raggiungendo la sua massima durata oltre il circolo polare artico, dove il crepuscolo, quando il sole è all’equinozio, dura 24 ore! Non so se ho riportato bene la lezione, ma se qualche lettore vorrà correggermi sarò ben lieto di pubblicare una rettifica, non si smette mai di imparare!

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