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Wortington Glacier, vicino Valdez

Wortington Glacier, vicino Valdez

Altra mattinata stupenda. Il sole brilla in un cielo azzurrissimo, cosparso di qualche nuvoletta che contribuisce a rendere perfetto il quadro complessivo.

Non vi ho ancora detto nulla circa la durata delle giornate qui in Alaska. Siamo qualche centinaio di chilometri a sud del circolo polare artico, quindi il sole di mezzanotte non lo possiamo vedere in questo periodo (e nemmeno il giorno del solstizio), però vi assicuro che a mezzanotte non è affatto buio, anzi! C’è un bel chiarore come quello che si ha alle nostre latitudini subito dopo il tramonto.

Bisogna dire che quassù la durata del tramonto e del crepuscolo sembrano allungarsi incredibilmente. Una sera sono stato ad osservare il sole, ormai prossimo a sparire dietro una montagna, ma lui continuava a starsene lì in quella posizione, come se non volesse andare a dormire. Dario, che come tutti i ragazzini è un super esperto di astronomia, mi ha spiegato il perché di questo fenomeno: all’equatore la durata del crepuscolo è praticamente nulla (si passa dalla luce al buio con il tramontare del sole), mentre andando verso nord aumenta sempre più, raggiungendo la sua massima durata oltre il circolo polare artico, dove il crepuscolo, quando il sole è all’equinozio, dura 24 ore! Non so se ho riportato bene la lezione, ma se qualche lettore vorrà correggermi sarò ben lieto di pubblicare una rettifica, non si smette mai di imparare!

Ritornati sulla strada, completiamo la Denali Highway arrivando fino a Paxson e imboccando la Richardson Highway che scende da Fairbanks e che noi prendiamo in direzione sud. Destinazione Valdez, cittadina di mare posta in incantevole posizione sul Prince Williams Sound, uno stupendo braccio di mare popolato da balene, foche, orche e… iceberg!

Valdez purtroppo è nota anche per il terribile incidente del 1989 che provocò uno dei peggiori disastri ambientali di tutti i tempi. La superpetroliera Exxon Valdez si incagliò in queste acque e riversò nel Sound migliaia di tonnellate di greggio che causarono la morte di migliaia di uccelli marini, pesci e mammiferi acquatici, oltre ad un danno ambientale incalcolabile.

Il nostro viaggio in auto prosegue dunque sulla Richardson, la prima grande strada di collegamento tra il sud ed il nord dello stato ed una delle strade più panoramiche d’Alaska. I paesaggi sono veramente molto belli, assolutamente non paragonabili con quelli straordinari che abbiamo ammirato ieri lungo la Denali Hwy, ma comunque molto molto romantici. Le foreste di abeti attraverso le quali corre la nostra strada sembrano infinite, laghi azzurrissimi di tanto in tanto interrompono la monotonia della verde distesa e montagne altissime si ergono, in lontananza, incappucciate di nevi eterne e ghiacciai.

All’incrocio con la Tok-Cutoff, nei pressi di Glenallen, facciamo una breve deviazione per visitare il Gakona Lodge, una storica roadhouse risalente al 1904. Le roadhouse erano luogo di ristoro e punto di appoggio per chi viaggiava verso le miniere d’oro o, come in questo caso, di rame. Chiacchieriamo con il ragazzo che lavora qui (forse è addirittura il proprietario della struttura), che orgogliosamente ce la fa visitare e ci fa da cicerone. Viene fuori che la locanda ha anche un fantasma che alloggia nella camera n.5 ed il giovane giura sulla sua esistenza, lui stesso lo ha sentito muoversi di notte tra i corridoi e le scale. Ok, dico io, anche se sono scettico sarà meglio non pernottare qui! E si riparte.

Inizia ad apparire, di tanto in tanto, la Trans-Alaska Pipeline, un oleodotto lungo 1300 chilometri che collega Prudhoe Bay, all’estremo nord dell’Alaska dove il petrolio viene estratto, con Valdez a sud, dove questo viene immagazzinato e spedito sul mercato. Si tratta di un’opera colossale, che ha dovuto superare notevoli problemi tecnici, soprattutto legati alle bassissime temperature invernali ed alla difficoltà di garantire la manutenzione degli impianti in un territorio così difficile.

Ci fermiamo per il pranzo in una roadhouse a 60 miglia da Valdez, dove mangiamo hot dog, dei toast molto buoni farciti con ogni bendiddio, patate fritte e coca cola. Chiacchieriamo con i titolari, gli americani sono molto affabili e amano parlare con i “forestieri”. In questi giorni spesso ci è stato chiesto da dove veniamo, dove andiamo (leitmotiv di qualunque conversazione in luoghi di passaggio) e soprattutto cosa ci ha spinto a venire in Alaska. Quando diciamo di essere veneziani la proprietaria ci dice di essere stata a Venezia anni fa e di essersene innamorata, anche se ricorda ancora i prezzi esorbitanti applicati dai nostri ristoratori. La stoccatina finale me la riserva quando mi presenta il conto, 37 dollari, e aggiunge: esattamente il prezzo che ho pagato quella volta per un semplice piatto di zuppa!

In effetti Venezia è una vera trappola per i turisti. Non me ne vogliano i veneziani, ma penso che Venezia sia uno dei posti al mondo dove il turista viene trattato peggio e, se non adeguatamente preparato e attento, rischia di essere rapinato a norma di Legge!

Ripartiamo alla volta di Valdez. Ci stiamo avvicinando sempre più al mare, ma paradossalmente il paesaggio sembra sempre più alpino: la Richardson Hwy si addentra tra montagne altissime, con ghiacciai che scendono fin quasi sulla strada e inizia quindi a salire, puntando verso il Thompson Pass, uno dei luoghi più nevosi d’Alaska, con un record di 25 metri di neve caduta in un solo inverno!

Da qui la strada inizia a scendere. Ci accorgiamo con notevole disappunto che il serbatoio dell’auto è praticamente a secco e abbiamo ancora 30 miglia da percorrere. Fortunatamente riusciamo ad arrivare a Valdez dove facciamo il pieno. A proposito, qui la benzina costa meno di 1 euro al litro!
Giunti in paese, facciamo un giro per il porticciolo e andiamo a prendere possesso del nostro B&B.

Valdez sorge su un fiordo del Prince Williams Sound, circondato da montagne molto alte che creano un effetto visivo stupefacente: montagne ricoperte da ghiacciai che piombano a picco sul mare!

La sera, passeggiando lungo il porto, assistiamo ad una scena molto curiosa: chi rientra dopo una giornata di pesca in mare, può utilizzare dei banconi messi a disposizione dell’autorità locale per pulire e sfilettare il pescato. Ci sono alcuni gruppetti molto bene organizzati che scaricano dalle loro barche decine di pesci dalle dimensioni impressionanti (un metro e oltre) e quindi, con dovizia e precisione, iniziano a ripulirlo togliendo pelle, testa, lische e ottenendo dei fantastici filetti che poi, con tutta probabilità, congeleranno. Più che un vero e proprio mercato professionale del pesce, mi è sembrato un sistema di auto sostentamento: pesco quello che mi serve, lo preparo con le mie mani per la conservazione e poi me lo consumo poco alla volta durante la stagione invernale.

Bene, la giornata finisce qui, è mezzanotte e me ne vado a dormire. Domani crociera sul Prince Williams Sound per avvistare foche, orche e balene (speriamo) e per visitare il Columbia Glacier.

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